
Una testimonianza della società della “Tota Ikuvina” dell’epoca è rappresentata dalle famose Tavole Eugubine, conservate nel Palazzo dei Consoli . Si tratta di sette lastre di bronzo di diverse grandezze con incisioni, in parte anche sul retro, in lingua umbra, di cui cinque scritte con caratteri etruschi (II-II sec.a.C.) e due con caratteri latini adattati alla lingua (II-I sec. a.C.). Le Tavole furono rinvenute nei pressi di Scheggia nel 1444 ed acquistate in cambio di diritti di pascolo da parte del Comune di Gubbio. Si tratta del più notevole testo rituale di tutta l’antichità classica oltre che del documento fondamentale della lingua degli antichi Umbri. Contengono una puntuale descrizione di rituali religiosi e sacrifici della confraternita degli Atiedii, riferimenti al culto della triade Grabovia (Giove, Marte e Vofione, che nella triade romana fu chiamato Quirino e sostituito in seguito da Minerva). Parlano di dodici corporazioni, riunite in tre grandi gruppi : “natine petrunia” – lavoratori della pietra; “natine vuhicia” – trasportatori; “sehmenies tekufies” – commercianti e artigiani. Si parla delle porte cittadine, Trebulana, Tessenaca e Vehia, delle quali solo quest’ultima è stata identificata (anche se non con certezza) : la Porta Vehia del IV-III sec. a.C., rinnovata nell’arco in età medievale. Vengono altresì menzionati popoli nemici come gli Etruschi (etruskus), quelli di Terni e della Valnerina (naharskus) e quelli della “maledetta” Gualdo Tadino (Tarsinater), dei quali si chiede agli Dei l’estinzione.


Il Mausoleo Romano è un edificio di 9 metri di altezza, spogliato completamente del suo rivestimento esterno. All’interno, la camera sepolcrale misura 6,30 mt x 4,72 mt ed è costruita in blocchi regolari con volta a botte. Si ritiene che sia stato il sepolcro di Genzio, re degli Illiri, che fu prigioniero a Gubbio dopo la sua resa ai Romani nel 168 a.C. Altri protendono all’ipotesi che si tratti invece della tomba di un certo Pomponio Grecino.