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Martedi 19 Marzo 2024
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Bevagna

Visita del Centro Storico e dintorni


Umbria Online Bevagna, anticamente centro umbro, poi romanizzato con il passaggio dell’antica Via Flaminia occidentale (220 a. C.), nel 89 a.C. divenne un municipium romano importante con il nome di Mevania, addirittura con una estensione maggiore rispetto alla successiva Bevagna medievale, collegato a Roma anche attraverso il Teverone, che confluendo col Topino e poi il Chiascio, arriva al Tevere.

Perse la sua importanza con l’apertura del ramo orientale della Via Flaminia (Terni-Spoleto-Foligno) (III sec. d. C.) e divenne paese di confine del Ducato di Spoleto longobardo e poi della Chiesa.

Bruciata da Federico Barbarossa nel 1154, nel 1187 si costituì in libero comune retto da consoli. Risorta per impulso del domenicano Beato Giacomo Bianconi, un discepolo di Alberto Magno, dal 1371 cadde sotto la signoria dei Trinci di Foligno fino alla loro estinzione nel 1439. Passata nuovamente sotto la Chiesa, ebbe delle brevi parentesi di dominio da parte dei Baglioni di Perugia (1530-34 e 1552-67).

Provenendo da Foligno, già fuori della Porta Foligno (o Flaminia), lungo le mura, si notano resti di opere romane, in una zona dove una cavità ellittica segnala l’ubicazione dell’anfiteatro, del quale sono stati riportati alla luce muri in opera mista e reticolata.

Umbria Online Le Mura medievali, che cingono ancora intatte l’intera città, sono state costruite fra il 1249 e il 1377 in parte su quelle romane, delle quali si possono notare stratificazioni dal III sec. a.C. al I sec. d.C. I frammenti di lastricato ritrovati sul centrale Corso Matteotti, subito dopo avere varcato la porta, dimostrano che il percorso originale della Via Flaminia coincideva con l’odierno asse viario che attraversa la città per tutta la sua lunghezza.

Girando a destra in Via S. Francesco, sulla sinistra si segue l’andamento curvilineo di una fila di abitazioni che ricalca l’impianto del Teatro Romano del I sec. d.C. A valle delle case, due corridoi semicircolari voltati fungono ora da cantine o rimesse delle case sovrastanti, mentre i resti della scena si trovano sotto l’ufficio postale.

La Chiesa di S. Francesco, di fronte al teatro, nel punto più alto della città, con l’attiguo convento addossato alle mura, risale al 1275. La facciata incompiuta, con un elegante portale polistilo, è quella originale, mentre l’interno ristrutturato in forme barocche nel 1746-50 conserva nella Cappella del Sacramento un affresco di Ascensidonio Spacca, detto il Fantino di Bevagna, del 1594 e “Crocifisso con angeli” e “S. Francesco” di Dono Doni. Vi si conserva anche la pietra, sulla quale San Francesco si poggiò durante la sua predica agli uccelli a Pian d’Arca. Notevole anche la cupola con terrecotte invetriate di Santi Buglioni.

Scesi sull’altro cardo romano della città, l’attuale Piazza Garibaldi, di singolare forma a imbuto, che punta verso il torrione duecentesco della Porta Cannara, e che fu il luogo del foro, si può notare una chiesa medievale in disuso, Madonna della Neve, che nella sua parte terminale, utilizzò un Tempio del II sec. d. C. del tipo tetrastilo e pseudoperiptero (cioè quattro colonne in facciata e semicolonne e pilastri lungo il perimetro), poggiante su un alto podio rivestito di lastre calcaree.

Umbria Online Di fronte si apre Via di Porta Guelfa, dove sulla destra sono state individuate le Terme Romane all’interno di una casa. I resti ritrovati sono costituiti da quattro ambienti, di cui tre, solo parzialmente conservati, evidenziano pareti in opera mista (reticolata e laterizia), mentre il quarto presenta un pavimento in mosaico bicromo bianco e nero con scene di vita marina (un tritone alla caccia di cavallucci marini, astice e calamari).

Per Via Crescimbeni si raggiunge il “Trivio” romano, l’incrocio con l’antica Via Flaminia, oggi Corso Matteotti. Su questa si erge il Palazzo Lepri, eretto alla fine del XVII sec. da Andrea Vici su progetto del Valadier, che ospita il Municipio e il Museo Civico con una sezione archeologica nella scalinata del palazzo( con reperti dall’età arcaica a quella imperiale) e la pinacoteca, con opere di Dono Doni (“Madonna col Bambino”), del Fantino (Ascensidonio Spacca)(cassa lignea del Beato Giacomo), Andrea Camassei, Corrado Ciaquinto (“Sacra Famiglia”).

All’imbocco del Corso nella Piazza Centrale della città, sulla sinistra sia alza la Chiesa di S. Domenico e del Beato Giacomo, sorta nel 1291 su un oratorio, dedicato a S. Giorgio, donato dal Comune al Beato Giacomo Bianconi a riconoscimento della sua opera di ricostruzione della città, dopo l’assedio di Federico II (1249). Presenta un bel portale del XIV secolo con una lunetta affrescata. L’interno a navata unica con tre absidi fu trasformato nel 1737. Nell’abside centrale, degli affreschi giotteschi del XIV sec., “Annunciazione” e “Scene della vita di S. Domenico”; in quelle laterali, sculture lignee del XIII sec., “Madonna con Bambino” e “Crocifisso”. La chiesa e le case attigue nascondono il grande ex convento domenicano, che a sua volta poggia in gran parte su una monumentale costruzione romana pubblica del I sec. d. Cristo (accesso da un vicolo dietro alla chiesa).

Umbria Online La Piazza Silvestri, il centro della Bevagna medioevale e attuale, è certamente una delle piazze medioevali più caratteristiche dell’Umbria, con quella sua forma irregolare, quasi casuale, sulla quale si affacciano i monumenti più significativi della città.

Il Palazzo dei Consoli risale al 1270: poggia su una sala di due navate con volte a crociera a loggia con archi ogivali, la facciata riporta due ordini di bifore e un’ampia scala laterale porta alla grande sala del primo piano. Nel 1866, al suo interno vi fu costruito il bel Teatro Francesco Torti, restaurato nel suo centenario. La Fontana davanti al palazzo, pur sembrando del XIV secolo, è invece un’ottima imitazione del 1889, che armonizza con l’insieme della piazza e con gli edifici circostanti, quali la Chiesa di S. Silvestro, costruita nel 1195 da Maestro Binello, come recita l’epigrafe a destra del portale. La facciata è rimasta incompiuta, avrebbe dovuta essere di due ordini (come la facciata di S. Michele, di fronte), in alto a destra si nota l’inizio della costruzione del campanile mai realizzato. Il portale incassato, decorato con viti e animali, è sormontato da una trifora, mentre in concomitanza delle navate laterali si aprono due bifore. All’interno, la navata centrale è coperta con volta a botte, le due laterali a mezza botte. La prima colonna a destra è sostituita da un pilastro, a sostegno del futuro campanile, non realizzato. Dopo tre arcate si alza il presbiterio (a due arcate), al quale conducono 11 scalini. La sottostante cripta a tre navate con volte a crociera termina in un’abside, in asse con quella del presbiterio. Particolari le colonne impiegate, tutte rastremate e con dei capitelli a due ordini di foglie d’acanto molto semplificate.

Umbria Online Chiesa di S. Michele Arcangelo, costruita sempre dal Maestro Binello, coadiuvato da Maestro Rodolfo, anch’essa della fine del XII secolo. La facciata da un’idea di come avrebbe dovutosi articolare quella di S. Silvestro, con il campanile innestato sul lato destro. Contrariamente però a quest’ultima, la collegiata di S. Michele fu ristrutturata nel 1741 in forme barocche. L’aspetto attuale della facciata è il risultato di una ricostruzione, in parte arbitraria, degli anni 1953/54. Il grande oculo centrale sopra al portale sostituisce un’apertura barocca di forma diversa e situata più in basso. La parte superiore del campanile è di epoca successiva alla parte sottostante. Il portale centrale merita un a particolare attenzione: ricchi bassorilievi ornamentali medievali sono stati scolpiti sui materiali romani di spoglio riutilizzati, il primo ordine è decorato da mosaici cosmateschi. Durante il rifacimento barocco, all’interno furono mutilati i capitelli delle colonne, ricoperti con stucco, come anche le colonne e la navata centrale fu coperta da volte. Il restauro degli anni cinquanta tentò di ripristinare lo stile medievale, però ne la copertura a capriate ne le finestre laterali della navata centrale sono documentate, piuttosto è più probabile che la copertura fosse a volta a botte. La navata si articola in 7 arcate, mentre il presbiterio rialzato, sempre a tre navate, ne conta tre, terminante in un’unica abside. La cripta sottostante ripete l’impianto a tre navate, però quella centrale è ulteriormente suddivisa, formando così 12 unità con volte a crociera. La chiesa conserva un “Crocifisso” del Providoni con sagome lignee raffiguranti la Madonna, Maria Maddalena e S. Giovanni; in un vano attiguo al presbiterio, la statua d’argento di S. Vincenzo ad opera di Peter Ramoser (1785). Nella Cappella della Madonna del Carmine (terza a destra), aggiunta nel 1463, rinnovata nel 1607, si trovano degli affreschi di Andrea Camassei (1624-28).

Interessante, in Via S. Margherita, anche la Chiesa di S. Margherita, originaria del XIII secolo, ma modificata in forme barocche. Conserva una bella pala di Andrea Camassei, un affresco del Fantino (1592) e una suggestiva “Scala Santa” del Providoni.

Caratteristici sono la fortificata Porta dei Molini, con il torrione e la sopra l’arco muniti di beccatelli e il vicino complesso del mulino con il lavatoio.

Nelle vicinanze di Bevagna è da menzionare il Santuario della Madonna delle Grazie, realizzata nel 1583 su progetto di Galeazzo Alessi, che raccoglie al suo interno numerosi dipinti, attribuiti al Fantino e la Maestà, ritenuta miracolosa, sull’altare maggiore. Da qui si può intraprendere un suggestivo giro per i borghi fortificati di Gaglioli, Torre del Colle, antico feudo dei conti di Antignano, Cantalupo, Castelbuono, antico libero comune, con una vicina edicola con dipinti di Giovanni di Corraduccio.

Nei pressi del bivio per Limigiano, altro antico borgo documentato fin dal 1058, si trova l’edicola di Pian d’Arca, in ricordo alla predica che qui San Francesco rivolse agli uccelli.

Tornando verso Bevagna, si incontra il Convento dell’Annunziata, sorto nel XI sec. che conserva una notevole pala in terracotta invetriata, attribuita a Santi Buglioni. Nei pressi si trova il Lago Aiso o Abisso, che presenta un fenomeno carsico simile alle Fonti del Clitunno. Le sue acque profonde e freschissime alimentate da polle sorgive hanno da sempre alimentato la fantasia popolare (oggi in uno stato di assoluto abbandono e degrado).

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